Riforme Calcio

VERDETTI E RIFORME: PROFESSIONISTI DA 100 A 60 PER SALVARE IL CALCIO ITALIANO

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Mentre si attende il Consiglio Federale che dovrà indicare la data di ripartenza dei campionati, una fetta del mondo del calcio italiano attende le decisioni sulla questione “Promozioni e Retrocessioni”

Il mondo del calcio, per quanto di calcio giocato non ce ne sia per nulla, è in grosso fermento. Si sono rincorse le più fantasiose ipotesi sulla sospensione dei campionati, l’annullamento degli stessi, sulle assegnazioni di promozioni e retrocessioni attraverso astratti algoritmi matematici.
Per mesi, durante il lockdown, anche attraverso le nostre pagine, confronti ed interviste hanno animato il dibattito con i protagonisti del mondo calcistico e delle istituzioni.

Chiara, sin da subito, la posizione della governance del calcio. Puntiamo a tornare in campo. Il Presidente Sibilia prima, con noi in diretta nel corso della trasmissione “Tribuna Sportiva”, aveva più volte confermato l’ipotesi di ritorno in campo. Aveva anche quantificato in quaranta giorni il tempo utile alla conclusione delle dispute.
Altrettanto chiaro però era un altro caposaldo: l’agenda e quindi le decisioni, sono inevitabilmente dettate dalla situazione epidemica.


Via via, con il passare dei giorni, diventava sempre più difficile l’ipotesi ripartenza e se, da una parte, andava spegnendosi la speranza di rivedere i calciatori sul rettangolo verde, dall’altra si lavorava giorno e notte per cercare di limitare i danni e, soprattutto, per provare a non scontentare nessuno.

Fughe in avanti, fughe di notizie, fughe dalle responsabilità sono la storia di questi mesi. Inutile rispolverare questioni ormai archiviate. Resta da fare un plauso a chi, in ogni modo, si è speso per la causa ed in particolar modo per quella dei Dilettanti.
Resta da appendere, tra gli attestati guadagnati sul campo, la dichiarazione del presidente Malagò, che solo qualche giorno fa ha definito il movimento dilettantistico “Mostruoso” e, allo stesso tempo, ha sottolineato la capacità decisionale di chi aveva saputo interpretarne le esigenze.

Tempo di verdetti

Si è giunti alla resa dei conti. Nessuno scontro epico, sia chiaro, nessun duello all’arma bianca, semplicemente una naturale evoluzione delle cose che, piaccia o non piaccia, stravolgerà il mondo del pallone. Uno stravolgimento che sa di riforme, necessarie ed inevitabili. Riforme tanto invocate da ogni parte e che, ad oggi, sembrano essere l’unico modo per poter programmare il futuro del calcio ad ogni livello.
Tra protocolli di sicurezza, stadi vuoti, distanze da rispettare, una parte di questo mondo tornerà a far parlare di se attraverso le gesta sportive degli atleti. Un’altra parte di questo mondo, quella parte “mostruosa”, si sta già riorganizzando, con decisione e lungimiranza.
Passerà attraverso il prossimo consiglio federale la ratifica delle promozioni per le prime classificate al momento dello stop definitivo, inevitabile attendere quando si fa parte di un sistema circolare che coinvolge diversi organi decisionali.
Ancora da definire il quadro per le retrocessioni, ma è questione di giorni e poi tutte le squadre conosceranno il proprio destino.
E’ plausibile immaginare una graduatoria di merito per riempire la schiera delle società potenzialmente ripescabili.

Tempo di Riforme

Altro livello di discussione è il piano delle riforme.
E’ evidente che i vertici delle leghe provino a tirare acqua al proprio mulino, ma è altrettanto evidente che, in un momento delicato come questo, certi mulini faranno fatica a tornare a girare. Per quanto si possa provare a virare i corsi d’acqua, certi ingranaggi si sono definitivamente inceppati.
E’ qui che entra in gioco il coraggio di chi ha il compito di decidere, di chi sa come e cosa proporre e, soprattutto, sa indossare i panni del leader.
Scelte difficili, è chiaro, ma scelte che potrebbero essere l’ultima ancora di salvezza per un movimento alla deriva.

Inevitabile fare riferimento alla Lega Pro. Da anni in affanno per tutte quelle che sono le difficoltà di essere inseriti nel panorama professionistico, ma senza gli introiti e le tutele di quel mondo dorato.
Ad oggi, in una stima estremamente ottimistica, il mondo del professionismo non può permettersi più di sessanta (60) squadre. Dati alla mano. Numeri, ma soprattutto cifre, incontestabili. Ed ecco il coraggio di scegliere il male minore, o più probabilmente, la soluzione migliore.

La proposta

Da questo vorticoso rincorrersi di voci ed idee, ne vengono fuori alcune estremamente fantasiose ed altre significativamente più accattivanti, ma soprattutto più efficaci.
Senza girarci introno. Sessanta squadre professionistiche al posto delle cento attuali. Come si fa?
Serie A con il format attuale e Serie B a due gironi. Ecco le 60 squadre.
E la Lega Pro? Traslata nel mondo del dilettantismo con tre gironi che potremmo definire “Serie D-Elite”.
Lega Nazionale Dilettanti che si arricchirebbe, così, di ulteriori sessanta compagini, con piazze ricche di fascino e blasone, che potrebbero affrontare con minori affanni “fiscali e logistici” la stagione. La competizione interregionale resterebbe così la quarta serie  e così via per tutte le altre categorie.

Certo non mancherebbero le polemiche, non si farebbero attendere i ricorsi, ma potrebbe essere davvero la boa intorno alla quale virare per invertire la tendenza autodistruttiva avviata in questi anni.
Ancor più, laddove per il presidente Ghirelli, i protocolli dettati dal CTS sarebbero stati inattuabili in Lega Pro, alla stregua della LND.
Se tanto mi da tanto…

 


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